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La magia di un paesaggio unico al mondo, le emozioni della scoperta, gli occhi pieni della bellezza di una natura selvaggia che lascia senza parole: un viaggio in Namibia non è tale senza trascorrere qualche tempo immersi in questo scenario surreale, un viaggio che permette di ammirare i principali parchi nazionali, le città caratterizzate da architetture coloniali e le dune del Namib.
Un tour in fuoristrada, in particolare, è sempre un’esperienza meravigliosa: che si tratti di un’impresa epica di più anni, di una vacanza di un paio di settimane o mesi, del fascino di una notte trascorsa a godersi le strade o i sentieri locali in definitiva, è sempre uguale. Si tratta di rievocare un senso di libertà, sperimentare una vita pura, fare nuove amicizie, esplorare luoghi diversi che fanno parte della lista dei desideri di molti viaggiatori.
Decidere di partire proprio in un certo periodo della propria vita, un pensiero più ampio, un passo più in là, si schiude la porta della propria casa, si lascia la solita quotidianità e si va oltre l’incanto di un tempo immutabile. È allora che la vita può diventare più decisa, intensa e improvvisa: una partenza che possa placare la nostra inquietudine, suggerirci il modo in cui prendere le distanze con sensazioni spiacevoli e aprirci alla strada di una felicità inattesa. Non sempre sarà necessariamente un viaggio lunghissimo che ci porterà dall’altra parte del mondo a bordo di un fuoristrada e ci regalerà emozioni e suggestioni, a volte, però è proprio così, soprattutto se si tratta della Namibia.
Un tour in questo affascinante Paese, generalmente, inizia con la visita della sua capitale Windhoek: moderna ed europea nel centro e nelle zone residenziali dei bianchi, povera e africana nei sobborghi dei neri. Poco per volta fortunatamente la rigida separazione tra bianco e nero si sta allentando. Il panorama delle vie della città infatti ormai è dominato dalla gente di colore, così come la composizione numerica della popolazione lascia supporre.
Windhoek non è solo la capitale del Paese bensì anche l’unica grande città della Namibia: sede del governo, importante nodo stradale e centro economico e culturale. Vi si trova l’unica università della Namibia e, alle porte della città, si trova l’unico aeroporto internazionale.
Windhoek è dunque la prima tappa del viaggio per la maggior parte dei turisti provenienti dall’Europa. La città si trova a circa 1.600 metri sopra il livello del mare. D’estate non fa quindi molto caldo mentre d’inverno, talvolta, fa sensibilmente freddo.
Il viaggio entra nel cuore della Namibia arrivando all’Etosha National Park, il più grande parco del Paese e anche uno dei più famosi in Africa. Situato a nord, non lontano dal confine con l’Angola, il parco ha una superficie di circa 22.000 chilometri quadrati e ospita una gran varietà di animali. Gli “inquilini” più illustri in cui ci si imbatte lungo le innumerevoli piste che attraversano il parco sono elefanti, rinoceronti, zebre, giraffe, struzzi, antilopi e, soprattutto, i leoni.

L’Etosha National Park è uno dei migliori luoghi dell’intero continente africano dove è possibile avvistare un gran numero di animali nello stesso luogo. Questo avviene grazie al numero esiguo di pozze d’acqua presenti nel parco durante la stagione secca (la nostra estate) che costringe così gli animali a concentrarsi insieme per bere in prossimità di esse. Il parco si può percorrere in lungo e in largo nelle aree riservate al pubblico con auto propria rispettando scrupolosamente i limiti di velocità (60 km/h) e il divieto assoluto di scendere dal veicolo: qui infatti è l’uomo a essere ingabbiato. I momenti migliori per avvistare gli animali sono solitamente le prime luci dell’alba e il tardo pomeriggio.
All’interno del parco si trovano tre campi ottimamente gestiti dove è possibile mangiare e pernottare in confortevoli e puliti “bungalow” con camere singole o doppie, acquistare anche generi alimentari, benzina, ufficio postale e un centro di informazioni. In prossimità dei due principali accessi al parco (Okaukuejo, a ovest e Namutoni, a est) si trovano anche dei “lodge” privati.
Insieme al Kruger National Park in Sudafrica, l’Etosha National Park è la meta più conosciuta dagli amanti della fauna africana. Etosha, nello specifico, è un’antica parola trasmessa nella lingua boscimana che significa all’incirca “una grande superficie bianca”. La denominazione si riferisce evidentemente al cuore del parco nazionale, l’Etosha Pan. Chi si è trovato almeno una volta di fronte a questo bacino incrostato di sale e ha visto fondersi all’orizzonte il bianco lucente della terra con il blu del cielo non dimenticherà mai questa immagine. L’Etosha Pan è lungo oltre 100 km.
Attraverso anni, con precipitazioni particolarmente abbondanti, l’acqua si accumula nella conca formando un grande lago assai poco profondo che, solitamente, evapora in fretta. Prima che questo succeda, il bacino attira migliaia di fenicotteri per il periodo della cova.
L’Etosha National Park, però, è molto di più. Non per niente la riserva è fra le aree naturali protette più attraenti e più ricche di selvaggina dell’Africa. Quasi in nessun altro luogo si incontrano mandrie così grandi. Ecco perché i safari nell’Etosha National Park sono fra le esperienze più forti di un viaggio in Namibia.
Il parco nazionale misura oltre 300 km da est a ovest e 110 km da nord a sud. La sua estensione è pari a quella di metà della Svizzera. Il parco è pianeggiante nella parte orientale mentre nella parte occidentale, accessibile solo in maniera limitata, presenta colline e montagne. L’altitudine media sul livello del mare è di circa 1.100 metri. Su questo ampio paesaggio non soffia alcuna brezza rinfrescante. Il sole brucia incandescente e anche l’aria sembra provenire da un fon. Naturalmente il tempo varia a seconda delle stagioni ma, nel parco nazionale, può fare davvero caldo anche tutto l’anno.
Oltre alla ricchezza del sottosuolo quali diamanti e minerale d’uranio, il paesaggio e la straordinaria varietà della fauna sono la maggior risorsa della Namibia. In questo splendido Paese vivono più di 300 specie di mammiferi, circa 500 specie di uccelli e un centinaio di rettili diversi ma gli animali che tutti i turisti desiderano vedere sono i cosiddetti Big Five, considerati i re dei deserti, delle steppe e delle savane: leoni, leopardi, elefanti, rinoceronti e bufali.

Il luogo ideale per vederli è indubbiamente l’Etosha National Park dove si possono incontrare grandi branchi di elefanti e mandrie di bufali che vanno verso le sorgenti, ammirare le famiglie di leoni accovacciati all’ombra delle acacie ad ombrello, intravedere all’orizzonte un rinoceronte con il suo piccolo a rimorchio e magari incrociare, appena prima del crepuscolo, un leopardo.
Limitarsi ai Big Five significa tuttavia perdersi moltissimo. La molteplicità delle specie è data anche dagli altri animali, ad esempio dalle numerose antilopi, tra cui graziosi springbok e i fieri kudu. Anche giraffe, sciacalli, iene, facoceri e tutti gli altri animali selvaggi africani sono altrettanto magnifici.
Si prosegue il viaggio lungo la costa e una prima sosta si effettua lungo la spiaggia che costeggia l’oceano. Molti turisti si spaventano quando realizzano, improvvisamente, che il viaggio, di quasi 50 km verso Sandwich Harbour, è uno dei tour in fuoristrada più impegnativo della Namibia. Non ci si aspetta una tratta simile così vicino ai centri abitati di Walvis Bay e Swakopmund.
Una parte della pista, che in realtà non è presente ed è priva di segnaletica, corre lungo la costa attraverso la sabbia profonda. L’unico orientamento è costituito dalle tracce di chi è passato prima. Il consiglio infatti è quello di fare questo percorso durante il fine settimana quando, lungo la costa e nell’area della laguna, lunga 10 km, ci sono molti pescatori che possono dare una mano in caso di necessità. Se possibile, sarebbe meglio andarci quando c’è bassa marea.
La natura è sempre meravigliosa e il contrasto fra le dolci dune e l’acqua della laguna regala foto bellissime. Grazie alla fonte di acqua dolce, che un tempo alimentava anche dei piccoli laghetti, Sandwich Bay era un punto di attracco assai frequentato da cacciatori di balene, contrabbandieri e pirati.
Si spegne il fuoristrada per una sosta e si rimane in silenzio davanti all’Oceano Atlantico che rievoca una duplice valenza simbolica: esso rappresenta la lotta, la sfida, la prova ma anche il confronto con la vita come emerge in tanti racconti e romanzi.
L’oceano si presenta come fonte della vita, nonostante i naufragi e le tragedie Dalle acque proveniamo come individui e anche se, spesso, lo dimentichiamo, impariamo prima a nuotare che a camminare nelle prime settimane di vita nel grembo materno. L’oceano è la cosa più antica e possente come lo chiama Esiodo, l’oceano con i suoi odori, colori, sapori…
Lasciandoci alle spalle questo meraviglioso paesaggio, iniziamo ad essere abbracciati dal deserto, così altrettanto avvolgente e affascinante. Circa un quinto della terra è ricoperto da deserti e la Namibia contribuisce per una buona parte. Non tutti i deserti però sono uguali, malgrado ci si immagini, in primo luogo, dune di sabbia che si estendono fino all’orizzonte.
La meta per eccellenza della Namibia è, senza dubbio, il deserto del Namib e le sue famosissime dune che raggiungono i 300 metri d’altezza e si tingono delle sfumature dal rosa al rosso, quando il sole tramonta. Le dune si susseguono lungo la costa in diverse totalità di colori. Il deserto è tagliato da oasi verdeggianti dove gli animali giungono ad abbeverarsi e rappresentano il punto ideale per gli appostamenti di birdwatching. Questo deserto è patrimonio dell’Unesco e ospita una fauna sorprendentemente numerosa e variegata.
L’aridità del deserto del Namib, le dune color rosso fuoco, le pianure ondulate, gli altopiani, le spettacolari formazioni geologiche, le splendide riserve, che arrivano alle coste disabitate tuffandosi sull’Oceano Atlantico, sono un puzzle di colori ed emozioni in grado di lasciare il segno, nel cuore e nella memoria di ogni viaggiatore.
Il deserto del Namib, a cui la Namibia deve il nome, domina il Paese. La sua estensione, che da sud a nord è di circa 2000 km (va da Port Nolloth in Sudafrica fino al territorio angolano), ne fa uno dei più grandi deserti del mondo. Si tratta anche di uno dei più aridi, in quanto capita spesso che per anni in vaste regioni non piova per nulla.
Il deserto del Namib mostra aspetti assai eterogenei. Le enormi dune si formano e si modificano costantemente modellate dal vento. Quelle in particolare nel Sossusvlei sono fra le più alte del mondo. Non stupisce che la valle del fiume Tsauchab, in secca, che si addentra nel Sossusvlei, sia una delle maggiori attrazioni turistiche del Paese.
Fra Kuiseb e Gogab, il deserto assomiglia invece a un paesaggio di Marte, ostile a ogni forma di vita, coperto da pianure ghiaiose grigio – nere, a nord di Ugab, infine, si trasforma in un mare infinito di sabbia.
Il deserto del Kalahari, invece, presenta un paesaggio relativamente pianeggiante fatto di sabbia, steppa e savana, caratterizzato soprattutto da dune rosse. Fra queste ultime si sono formate numerose conche dove l’acqua si accumula durante le rare piogge e, quando questa evapora, rimangono croste di sale e argilla.
Che si guidi un 4×4 o un’auto, le strade di ghiaia (pads) richiedono una maggiore attenzione da parte del guidatore e uno stile di guida più prudente. Sui pads è bene non viaggiare mai a più di 80 km/h. Il loro ottimo stato, a prima vista, invoglierebbe a sfruttare completamente i 100 km/h consentiti, ma il terreno è morbido e offre meno aderenza del solito.
Non bisogna neanche farsi indurre dagli autoctoni a sfrecciare a gran velocità perché loro hanno anni di esperienza su queste piste. Non si devono, inoltre, ignorare i cartelli di pericolo, ad esempio curva o dosso, e non bisognerebbe mai guidare sulle piste di notte. Carretti non illuminati, trainati da asini, possono comparire improvvisamente come dal nulla, i danni alla strada sono pressoché invisibili e si deve mettere in conto, molto più frequentemente che di giorno, di trovarsi degli animali sulla strada. Inoltre sarebbe bene sfruttare ogni possibilità di fare benzina: talvolta la stazione di servizio a cui si puntava è chiusa o ha esaurito il carburante.
Per gli standard africani, la Namibia dispone di una rete stradale molto ben sviluppata. Il 90% delle strade, tuttavia è costituito da piste di ghiaia (pads) che vengono regolarmente curate con imponenti pialle. Inoltre bisogna ricordare che in Namibia si guida sul lato sinistro quindi il volante è sempre a destra. Sulle strade asfaltate di grande comunicazione il limite di velocità è pari a 120km/h, sulle strade in ghiaia a 100 km/h. Nei centri abitati il limite si abbassa a 60 km/h.
Attenzione: anche in Africa i radar si trovano proprio dove uno non se li aspetta. Guidare un fuoristrada solitamente non ha niente a che vedere con la velocità. Sui terreni difficili contano molto di più la sicurezza e l’obiettivo di non rimanere possibilmente incagliato. Per riuscirci ci vogliono prudenza, lungimiranza e infine esperienza.
Un viaggio in fuoristrada in Namibia è divertimento, scoperta, avventura…Ci si può fermare quando si vuole per fare una foto o per ammirare un paesaggio mozzafiato. Non occorre una particolare preparazione ma è indispensabile avere spirito di adattamento, godersi ogni momento del viaggio inclusi gli imprevisti. Anzi sono proprio questi ultimi a dare un valore aggiunto al viaggio!
Non da ultimo, la Namibia deve il suo fascino e la sua particolarità alla singolare interazione dei diversi popoli: la varietà etnica culturale è lo straordinario tratto caratteristico del Paese. Le diverse tribù, negli ultimi decenni, si sono in parte mescolate ma conoscere la storia di ciascuna di loro può aiutare a comprendere meglio la società e la cultura namibiana di oggi.
Sul territorio della Namibia vivono, attualmente, nove maggiori gruppi etnici. I popoli Bantu, ovvero popoli che parlano le lingue Bantu (tra cui gli Ovambo e i Kavango), costituiscono più dell’80% della popolazione. Ai popoli Bantu appartengono anche gli Herero. Le donne Herero, in particolare, sono interessanti, perché ancora oggi indossano gli abiti ampi e i grandi cappelli che hanno adottato in epoca vittoriana dalle donne delle missioni.
Gli Himba, invece, sono il popolo africano che ha saputo, forse, preservare al meglio le sue tradizioni e i suoi riti. Se le donne di questo popolo di pastori in passato seminomade sono in gran parte diventate stanziali, gli uomini si spostano ancora con le loro greggi per le savane del nord.
La caratteristica principale delle donne Himba è, tuttavia, il colore rosso della pelle. Esse infatti preparano una crema a base di una miscela di ematite, grasso ed erbe con la quale si frizionano regolarmente tutto il corpo. Si tratta di un miscuglio fantastico che protegge la pelle dal sole che scotta, da grandi perdite di liquidi e persino dal freddo della notte. Cosa inimmaginabile per gli europei, visto il caldo: presso gli Himba lavare è vietato, una consuetudine che si spiega con la cronica mancanza di acqua.
Ciò che veramente rende la Namibia differente da tanti altri Paesi è il suo spazio: uno spazio ricco di panorami epici e di una bellezza spettacolare a perdita d’occhio che la rendono una delle realtà predilette dell’ Africa.
I tramonti in Namibia, inoltre, sono un vero e proprio spettacolo ma anche la notte riserva molte sorprese affascinati. Non è infatti necessario essere un fanatico delle stelle o un appassionato di astronomia per poter godere di questa meraviglia. L’altitudine e il minimo inquinamento atmosferico garantiscono una perfetta visione del cielo stellato. La Via Lattea sembra così vicina da poterla quasi toccare. L’occhio nudo è sufficiente a poter riconoscere le stelle fino al settimo ordine di grandezza e, usando il binocolo o il teleobiettivo, si riesce ad osservarne una varietà insospettata.
Un viaggio da non perdere in grado di provocare il famoso “Mal d’Africa”: emozioni bellissime, natura selvaggia e libera, paesaggi che tolgono il fiato e popoli affascinanti che vivono con niente ma che sono intimamente ricchi.
Un viaggio in Namibia è un’esperienza unica e ci sarebbe ancora molto da scrivere… L’ importante è che si possa partire per trovare meraviglie ogni volta che siamo disposti a scovarle.

Francesca Sirignani